28 febbraio 2011

mi devo preoccupare?

Al mio account su twitter da oggi pomeriggio si è aggiunto un nuovo follower. Bene, grazie. Come sempre cortesia ed educazione vogliono che vada a vedere di chi si tratta, non solo l'account cinguettante ma, e questo è il caso, dove c'è pure il link associato.
Or bene, trattasi di una sorta di blog messo su dalla classica inglese innamorata della Toscana. Tutto prodigo di consigli su come vivere in Toscana, su come sposarsi in Toscana, su cosa mangiare in Toscana, su come muoversi in Toscana, su cosa pensano i toscani della Toscana, forse -ma io non lo ho ancora trovato il punto preciso sul blog- su dove trombare in Toscana. Che rompimento che mi è diventata questa Toscana. Il tutto rivolto come se da domani ci sarà l'invasione di inglesi e americani. E poi ti saluto regione rossa.
Mi piace molto quando sento degli estranei parlare bene della Toscana. Certo che qui si esagera fino ad ottenerne l'effetto contrario.
Quello che mi preoccupa però non è l'anglosassone invasata di turno che trova tutto molto pittorescow, ma il contenuto dell'account di twitter.
Decine e decine di tweets, tutti in risposta ad altri account -i nuovi contatti suppongo-, che riportano solo due frasi: I'm living the Tuscany dream oppure don't look now it's Tuscany calling!!
Temo al sol pensiero di quale delle due riserverebbe a me se contraccambiassi.

25 febbraio 2011

la Grande Parata

Cari sacherlettori, care sacherlettrici (scusate per l'ordine che è inverso rispetto alla canonica precedenza alle donne ma è proprio per l'interesse che questo blog ripone per i maschietti), il momento di iniziare a pensare a partecipare all'Europride a Roma è giunto.
Non credo di lanciare nessuna anteprima, la notizia circola già da tempo e anche qui ne scrissi, però ora ho deciso di scrivere il post di invito generale.
Roma, sabato 11 giugno 2011: Big Parade. Che forse detto in italiano sa di gergo calcistico, oppure ne sminuisce la portata. Ma l'importante sarà esserci. Bello che stavolta il percorso sia già definito, e non come al solito con aggiustamenti e deviazioni per cerimonie religiose per incompatibilità d'orario (e non solo). Io poi nei pride romani ai quali partecipai in passato non ero mai partito da Roma Termini. Bello invece che passerò come sempre dal Colosseo.
Insomma, stavolta è pure Euro, chissà quanti begli uomini stranieri bisognosi di indicazioni.
Iniziate a pensarci. E decidete per il meglio.

22 febbraio 2011

come lungo

È che avevo già aperto la strada (momento di autocitazione).
Conoscete forse qualcuno che per farvi gli auguri per il 40esimo compleanno vi chiama al cellulare e attacca con un: "come lungo cantare questa canzone... come lungo cantare questa canzone... come lungo... come lungo... come lungo... come lungo A cantare questa canzone...".
No? Lui da stasera sì.

21 febbraio 2011

la memoria che non c'è più

La mia memoria sta diventando fallace. E la cosa non mi piace.
(Toh, senza volerlo ho fatto la rima).
Negli ultimi anni, son sicuro che sono andato avanti per anni a crederlo, ho sempre pensato che la canzone del concerto di Sydney del 27 novembre 1993 dello Zoo TV Tour che è assente dal Vhs e dal successivo Dvd ufficiali fosse Ultraviolet.
Sto parlando della canzone che, come dice la leggenda, vide una ragazza danzare con Bono sul palco, ma che poi venne tolta da tutte le registrazioni perché lei risultò essere minorenne e i genitori rifiutarono di firmare la liberatoria, bla bla bla.
Poi l'altro giorno un'illuminazione. Io, seppure a metà della trasmissione sull'allora Videomusic, sempre sia lodata, iniziai a registrare il concerto. E Ultraviolet, come vidi nel luglio precedente a Bologna, era quasi in fondo alla scaletta. Eppure, ripassando a mente la mia videocassetta, sapevo che loro non l'avevano cantata. Incuriosito dal fatto che forse l'avevano fatta nella prima parte, quella da me non registrata, ho consultato la bibbia.
E invece mi ritrovo a fare un'ulteriore ricerca. La scaletta del 27 novembre non è scritta perché essere, dice, uguale a quella del 12 novembre al Cricket Ground di Melbourne. Che già, vero, non gli davo due citti al Cricket Ground, e invece ho scoperto che è una roba da 110.000 posti. A parte questa imprescindibile precisazione, leggo la scaletta: dov'è Ultraviolet? La rileggo: dov'è Ultraviolet?
Presente quando ci aspettiamo una cosa e fino a quando non si verifica continuiamo ad attenderla? Ecco, immaginatevi che io sia andato, per un paio di minuti abbondanti, in loop e che abbia cercato sto cavolo di Ultraviolet nella scaletta del concerto sul prato del cricket.
Poi un dubbio. Leggo la recensione. Alla terza lettura (sigh!!!) si svela l'arcano: la canzone dove Bono fece ballare la stronza fu TTTYAATW (per i non U2ers Trying To Throw Your Arms Around The World).
E così mi è caduto uno dei miti della mia vita: la memoria per le cose importanti.

Quei concerti si concludevano con Love Is Blindness. Non c'entra nulla col post, solo che ai versi
Love is drowning
in a deep well
all the secrets
and no one to tell
take the money
honey
blindness

non capisco più se io debba morire o stia semplicemente in un'altra dimensione. Magari con una ritrovata memoria. Enjoy LIB, video tratto proprio dal concerto di Sydney.


19 febbraio 2011

quando il nobel ti risponde

Solo oggi ho scoperto il canale su iutiub del Premio Nobel.
Bellissima la serie di video contenenti domande poste da studenti, insegnanti o semplici appassionati al nobel per la fisica Mather, che risponde direttamente. Una sorta di Iside Martufoni che però parla del cosa c'era prima del big bang, di cosa ne pensa della teoria delle stringhe, del fatto che l'universo è certamente curvo se se ne parla in quattro dimensioni ma non in tre. E altre cosine del genere.
E qui c'è pure il canale su twitter.

18 febbraio 2011

fino al silenzio

Nello scrivere un commento al blog del prof mi è venuta l'idea per questo post.
È vero, dico quasi sempre quello che penso. E non perché sia così ingenuo o sciocco da non capirne i rischi ma proprio per scelta. Non mi piace far credere cose che non penso e, soprattutto, non mi piace avallare o difendere l'ipocrisia altrui. E valuto queste cose molto più importanti del resto.
In tutto questo non so in realtà come la mia etica di comportamento sia recepita dagli altri. Riesco ad accorgermi con sicurezza solo di quando questo elemento rappresenta una sorpresa per l'interlocutore di turno. Ciò succede con chi non è abituato più di tanto ad interloquire con un linguaggio diretto.
In effetti a volte riconosco di essere apprezzato. Ma, come tutte le scelte che compiamo, c'è anche un prezzo da pagare. Dopo un po' le richieste di opinioni e pareri misteriosamente si diradano. Fino al silenzio.

quello di giù

Quello di giù è l'espressione, diventata quasi un tormentone, di questi giorni in ufficio.
È venuto un mio collega a dirmi di essere stato buttato fuori dall'ufficio del direttore perché era entrato senza prima sincerarsi di poterlo fare. La frase che lo ha accompagnato fuori è stata: io ora ho da fare ma comunque per il futuro non iniziare con l'andazzo che ha preso quello di giù. E ora fuori.
Sceso al primo piano mi ha raccontato dell'episodio non avendo però del tutto capito se il direttore stesse scherzando oppure no. L'unica cosa che era sicuro di aver compreso è che quello di giù ero io.
Oggi ho colto l'occasione per fare le mie rimostranze, chiudendomi pure la porta del suo ufficio alle spalle, visto che c'erano alcune colleghe che già ridevano a crepapelle. Insomma, l'ho informato che sapevo di come ero stato da lui apostrofato e, tra una sua risata ed una mia falsa inalberata, ho chiesto che d'ora in avanti venissi presentato agli altri come il Signor SF. Ottenuto un cercherò di nominarla in modo più appropriato me ne sono uscito.
Alla fine della giornata sono passato a salutarlo: ciao, sono quello di giù che se ne va, ciao.

12 febbraio 2011

l'isola dei provoloni

Nel mio piccolo mondo certe modifiche all'ordine precostituito le interpreto quasi sempre come delle provocazioni.
Trovare alla coop che al banco dei formaggi preconfezionati hanno cambiato il layout ed ora il tutto è presentato, come all'ipercoop, con l'isola dei provoloni, l'isola dei formaggi molli, l'isola dei formaggi di montagna, con la singola fetta appoggiata delicatamente sulla forma quasi intera, per me rappresenta uno sconvolgimento.
Non posso resistere ad una cosa del genere.
Una fetta di fontina (ma di quella vera!), una scamorza di bufala, il taleggio (oh mamma!), l'asiago d'allevo (com'è che nessuno mi aveva detto che era così buono, che io mi son sempre accontentato dell'asiago pressato che ora al confronto sa di lavatura).
Non riuscirò a finirli tutti. E dovrò buttare via la solita quintalata di cibo.
Rivoglio il banco dei formaggi diviso in settori, ciascuno con le sue confezioni dello stesso formaggio senza isole né forme. Rivoglio insomma quella roba triste che da una decina d'anni mi accompagnava nelle mie spese. So che altrimenti non sopravvivrò.

11 febbraio 2011

choccolandia 2011

Son passato stasera in fretta e furia da Piazza Cavour ed ho guardato gli stand di Choccolandia. Forse è stato perché quando vado in bici mi tolgo gli occhiali, ma non ho visto grandi robe. Gli stand saranno stati in tutto una dozzina. Alcuni senza nessuna personalità.
Per fortuna almeno uno aveva le confezioni di dragees con svariati abbinamenti. Ecco, cari produttori cioccolatieri: volete che il qui presente SF si soffermi al vostro stand? Fatemi trovare una distesa di confezioni di dragees. Magari non vi compro nulla, ma di certo mi ci soffermerò volentieri a curiosare. Ne ho presi di cinque tipi. Pochi, forse.
Poi ho preso una bella bottiglia di liquore al cioccolato. E spero che lì dentro ci sia quello che mi hanno fatto assaggiare. Devo fare un regalo, facile che non saprò mai la risposta.
Mi sono infine pentito di non essermi soffermato allo stand dell'unico siciliano. Curioso che non c'era, almeno a prima (e fallace) vista, cioccolato. Ma forse quelle robine verdi che erano dietro al vetro contenevano dei veri pistacchi di Bronte. Magari ci ritorno.

09 febbraio 2011

meccanismi pavloviani nell'omofobia latente

Stamani in ufficio nel sentire i commenti alla notizia del certificato anagrafico che varrà anche per le coppie di fatto, gay incluse, mi sono in un istante ricordato del perché, sebbene siano poco più di tre anni che ci lavori, non abbia ancora fatto coming out lì dentro.
Fin da subito non notai comportamenti e atteggiamenti eccessivamente omofobi, piuttosto è sempre stata una percezione, una sensazione che sotto sotto la cosa un po' di disturbo potesse darlo. Per cui sono sempre stato dell'avviso che avrei parlato solo se le circostanze avrebbero portato la conversazione su certi temi e non, come invece sono convinto sia giusto fare e come ho fatto in passato, crearmi l'occasione.
Poi stamani, dicevo, un collega legge la notizia su Il Tirreno. Cercava di capire se la cosa potesse o no interessare il suo caso, visto che convive ed ha un figlio; legge anche il passo che riguarda l'estensione alle coppie omosessuali. Tempo pochi secondi e due mie colleghe, purtroppo quelle che reputavo migliori (di cosa o di chi ora non so) se ne vengono fuori con due considerazioni.

Sì certo, ora poi vorranno anche i figlioli tutti per loro.
Eh già, quando apri una breccia... A quel cantante americano, quello famoso, glielo hanno dato in affido. Eh, Elton John.

Stavo per affrontare la cosa con ironia. Che se proprio dovevo incazzarmi era perché aveva dato dell'americano a Sir Elton. Poi ho pensato che ad Elton John il figlio glielo hanno dato in adozione, e se una madre non sa la differenza tra affido ed adozione forse è meglio non fare più ironia.
Ma è stata più la prima frase a colpirmi. Il meccanismo pavloviano mi è sembrato lampante: al primo scampanellio di un supposto ma non dimostrato avanzamento dei diritti per le coppie omosessuali ecco che arriva la bava sui bambini da proteggere. Anzi, il tono col quale la mia collega ha proferito quella frase mi ha fatto intuire che forse il discorso sui bambini non è tanto una conclusione -da evitare- alla fine di un percorso di riconoscimento o disconoscimento di diritti ma ne è proprio l'inizio. I bambini non ti spettano, ne consegue che anche dei diritti non ne hai necessità totale.
Poi ha squillato il telefono, e sono andato a rispondere.

06 febbraio 2011

tra waffe e farine

Alla coop c'erano i waffeletten della bahlsen in offerta. Credo siano passati 2 nanosecondi et voilà, nel carrello. Che poi, mi son detto, cosa ci faccio coi waffeletten da soli, mi ci vuole la panna da montare. Secondo et voilà. Ora son qui che mi devasto facendo colazione.
Sul fronte farine, impasti ed infornate ho invece fatto delle variazioni. Ho infatti sperimentato che farmi un sabato a forza di focaccia di Recco ed una domenica a forza di pizza mi cambia il senso del gusto. Mi resta la bocca impastata (e la battuta in realtà non è voluta).
Già io coi sensi non ci vado più d'accordo, la vista è quella che è, ogni tanto mi accorgo di essere sordastro, non ho mai avuto un grande odorato, il tatto boh. Quindi non è proprio cosa da farsi l'attentare al mio senso del gusto.
Per cui ho preso una decisione. La focaccia l'ho spostata al venerdì sera e la pizza la mantengo per la cena di domenica.
Ieri nel fare la spesa mi son detto: e per oggi che mi prendo? Facile: schiacciata alla pala.
Nelle decisioni che portano dei cambiamenti dovuti al bisogno ho sempre questa incommensurabile coerenza. E me ne meraviglio ogni volta.

05 febbraio 2011

senza esagerare

Quando in casa mi metto a fare l'idraulico non so perché ma alla fine del lavoretto mi sento una persona migliore.
Che sia lo scaricare la pompa dell'autoclave e il successivo ristabilire la pressione giusta col compressorino, o che sia la pulitura del serbatoio dell'addolcitore, alla fine per davvero arriva la sensazione che, finalmente, ho fatto qualcosa di utile per il mondo. E mi sento bene.
Oh, intendiamoci, oggi ho fatto solo la prima delle due cose. Non mi sono mai piaciute le esagerazioni.

02 febbraio 2011

e poi l'imprescindibile balletto indiano

Ho appena visto The Millionaire alla tv. Come mai nessuno mi ha detto che è un film molto bello? Insomma, che ci state a fare se non mi siete utili?
Mi cruccio al sol pensiero di non essere stato preso di peso e portato al cinema quando uscì. Che di sicuro avrei rugato per tutta la strada per la costrizione alle mie libertà costituzionalmente garantite, ma poi all'uscita un grazie mi sarebbe scappato per davvero.
E poi lui è proprio un bel ragazzo.

01 febbraio 2011

colpi risolutivi

Nel giorno in cui la zona di Livorno dove abito è stata letteralmente invasa dai nuovi cataloghi di mondoconvenienza, accolti dal vicinato manco fossero quelli dell'ikea portati da svedesoni in abiti succinti, il destino pare mi abbia lanciato un nuovo segnale.
Lo riassumo così: catalogo mondoconvenienza - camere da letto - materasso - non dormire bene - schiena a pezzi.
Non vorrei esagerare ma dei dolori di schiena così non ne avevo mai provati. Son due giorni che non trovo giovamento neanche a letto. L'unica alternativa di pensiero è tra l'ortopedico e il chiropratico. Salvo abbia escluso per ignoranza il medico specializzato in sostituzione di vertebre dorsali, è che non so come si chiami.
Chi viene a darmi una botta in testa? Insomma, quello che simpaticamente penso spesso degli altri sono disposto ad applicarlo anche a me. Perché far soffrire? Un colpo e tutto si risolve.